Camera dei Deputati – Matteo Bressan: il Mediterraneo e il rientro dei “Foreign Fighter”
La relazione alla Camera dei Deputati di Matteo Bressan, Direttore OSSMed presso la LUMSA, in occasione del convegno “Il futuro del terrorismo di matrice jihadista”, martedì 29 ottobre (VIDEO).
IL FRONTE SUD E IL CONTRASTO AL TERRORISMO: UN’ANALISI IN PROSPETTIVA MEDITERRANEA E IL RISCHIO DI RIENTRO DEI “FOREIGN FIGHTER” ANTI-STATO ISLAMICO
Una categoria a lungo sottostimata: i combattenti del battaglione internazionale delle Unità curde di protezione popolare (YPG)
Accanto ai foreign fighters che hanno aderito in un primo momento alle milizie anti – Assad e poi ai gruppi quali al – Nusra e lo Stato Islamico, va considerata, nella categoria foreign fighters, un’altra categoria a lungo sottostimata è stata quella dei combattenti confluiti nel battaglione internazionale delle Unità di protezione popolare (YPG) dei curdi. Il caso del battaglione internazionale delle YPG, costituito da uomini e donne provenienti da Stati Uniti ed Europa, merita una particolare riflessione. I primi combattenti stranieri sarebbero giunti nel 2015, anno di massima espansione territoriale dell’IS. Dopo una prima fase «difensiva» nella battaglia di Kobane, le milizie curde, sostenute dagli Stati Uniti hanno svolto un ruolo determinate nella sconfitta territoriale dell’ISIS e molti combattenti hanno aderito al progetto politico e ideologico del Rojava. I volontari stranieri delle YPG possono essere divisi in tre gruppi:
- Militanti di estrema sinistra e anarchici che decidono di unirsi alla guerra per solidarietà internazionale (francesi, tedeschi, britannici e italiani);
- Indipendentisti e separatisti europei (bretoni, catalani, baschi e nordirlandesi);
- Combattenti, compresi militanti di estrema destra, motivati dall’idea di difendere l’Occidente contro il jihadismo.
Alla regione siriana del Rojava e all’esperimento di “autorganizzazione politico – sociale”, ispirato dal leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) Abdullah Ocalan, sono riconducibili i circuiti anarchici italiani e ambienti dell’estremismo marxista, che hanno aderito alla causa curda sia con la spedizione di materiale medico che con l’adesione di alcuni connazionali al battaglione internazionale. Proprio lo scorso marzo, nelle ultime battaglie che hanno preceduto la caduta di Baghuz, l’IS annunciava la morte dell’italiano Alessandro Orsetti, andato a combattere come volontario al fianco dei curdi delle YPG. Lo scorso gennaio, la Procura di Torino aveva chiesto per 5 connazionali, rientrati dalla Siria dopo aver combattuto con le YPG, la sorveglianza speciale, che prevede il sequestro di patente e passaporto, l’obbligo di firma e di dimora e il divieto di svolgere attività sociali e politiche. Il loro profilo è particolarmente interessante perché collegato agli ambienti anarchici e dell’antagonismo di Torino riconducibili ad alcuni centri sociali, tra cui l’Asilo e l’Askatasuna. Secondo la Procura di Torino, sono socialmente pericolosi ed inoltre avrebbero imparato ad usare armi. Il Tribunale di Torino, nel mese di giugno, ha respinto la sorveglianza speciale per due dei 5 combattenti rientrati in Italia e, per gli altri tre, ha disposto nuovi accertamenti. Il pubblico ministero temeva che, tornati in Italia, potessero sfruttare le loro capacità acquisite sul campo di battaglia per utilizzare armi e condurre azioni di guerriglia. La Procura ha ritenuto che l’addestramento all’uso delle armi in guerra non possa essere ritenuto rischioso se non viene valutato il comportamento tenuto una volta tornati in Italia.
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