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Da Theo in poi. Olanda e jihad (RSI)

Un reportage di Chiara Sulmoni (START InSight)

     Il 2 novembre del 2004 il regista olandese Theo van Gogh, autore di un cortometraggio provocatorio nei confronti di un Islam che condona la violenza contro le donne, viene brutalmente ucciso ad Amsterdam. Questo è l’anno in cui emergono chiari i segnali dell’esistenza e della pericolosità di una scena islamista violenta europea; qualche mese prima, a marzo, avevano avuto luogo anche gli attentati sui treni a Madrid.

L’estremista dietro il gesto efferato si muoveva dentro un gruppo di radicalizzati (Hofstad Group). Conoscerne e seguirne la parabola è utile per confrontarsi con ciò che avviene anche nel resto dell’Europa ancora oggi. E l’Olanda, da allora, come si è confrontata con il problema della radicalizzazione?

ASCOLTA IL REPORTAGE ‘DA THEO IN POI. OLANDA E JIHAD’-TRASMESSO DAL PROGRAMMA ‘LASER’ – RSI RETE DUE (9 MAGGIO 2019 – COPYRIGHT RSI – per avviare, aprire il link e cliccare sull’immagine)

Nel reportage, sentiamo l’analisi di Bart Schuurman, ricercatore all’Istituto per la Sicurezza e gli Affari Globali della Leiden University con sede all’Aja, autore del libro ‘Becoming a European Homegrown Jihadist’. Incontriamo poi il giornalista Maarten Zeegers che per tre anni ha frequentato in incognito moschee e cerchie islamiche nelle aree di Schilderswijk e Transvaal, considerate focolai di radicalismo. Nella zona è stata raccolta anche la voce di Itai Cohn, che prova a contrastare questa fama portando i turisti a visitare il quartiere, mentre Peter de Schwamm, che lavora con i ragazzi del posto, spiega la realtà sul territorio.

Non solo i Paesi Bassi ma tutta l’Europa è oggi alle prese con riflessioni e interrogativi circa la gestione di un gran numero di radicalizzati, aspiranti jihadisti, reclutatori, simpatizzanti, combattenti negli stadi più diversi del loro percorso. Siamo così stati anche a Rotterdam per discuterne con l’avvocato André Seebregts. Il suo studio è noto per seguire la difesa nei casi legati al terrorismo. Il reportage termina con l’opinione della giornalista Janny Groen, che ci parla della componente femminile nel radicalismo e nella prevenzione.

Il ricordo di Theo van Gogh è affidato al suo caro amico e produttore, Gijs van de Westelaken. 




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